«L’ingiustizia divina è forse quella per cui ogni mattina mi alzo titubante e svogliato e mi dirigo al bagno pronunciando sempre le solite parole: “Non voglio lavorare“; mentre alla stessa ora, in un altro bagno, in un’altra casa, qualcuno si alza e demotivato e deluso dice: “Voglio trovare un lavoro, non ne posso più”».
«Dai più verrei considerato io un fortunato – sapete, il tempo, il contesto, la crisi – e non posso che condividere. Ma verrei considerato anche come un antipatico, ingrato, che non sa gioire delle sue fortune, una sorta di mangiapane a tradimento».
«Ma fate solo lavorare, che so – un annetto – l’altro anonimo lamentoso e vedrete che il mio lamento diverrà il suo».
«Ergo ne deduco che il lavoro è quella cosa con la quale e senza la quale tutto va molto male».
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Storie di ordinaria disoccupazione – 2
2 novembre 2023Storie di ordinaria disoccupazione
13 settembre 2023Quando ero un giovane neolaureato o, come sarebbe più corretto dire, un giovane disoccupato mandavo offerte di lavoro a valanga. Difficile forse a credersi per la generazione Z, all’epoca si compravano dei giornali di carta per cercare lavoro.
Mandai una volta il CV a un’azienda (di cui non farò il nome) che vendeva mobili e mi mandarono a un corso di due giorni che si svolgeva in un hotel sul mare.
Il lavoro era quello del classico venditore a sistema piramidale: avrei venduto mobili (tramite contatti, amici, porta a porta) facendomi il culo e guadagnato una percentuale dalla vendita. Più mi sarei fatto il culo, più avrei guadagnato. Superata una certa soglia di vendite, avrei potuto scalare un gradino nella gerarchia e arruolare qualcuno sotto di me che si facesse il culo al posto mio, e guadagnare percentuali maggiori. Se avessi reclutato buoni venditori che si fossero fatti il culo al posto mio, a loro volta loro avrebbero potuto scalare un gradino nella gerarchia (e di conseguenza farlo scalare anche a me) e arruolare altri schiavi che si sarebbero fatti il culo e fatto guadagnare ancora più soldi sia a me che ai miei venditori. E così via.
Ero giovane e innocente. Ma non così giovane e innocente da non capire che questo sistema di vendita fosse una puttanata e alla lunga non sostenibile.
Tutta la due giorni di corso era impostata per impressionare noi giovani schiavi e venderci il sistema di impresa mostrandoci tutta la fuffa possibile immaginabile e farci sognare un futuro da ricchi business men. A cominciare dal posto scelto per il corso: un bell’hotel sul mare di una cittadina della riviera adriatica.
Ma non solo questo: tutte le scene a cui ho assistito erano attentamente studiate per fare effetto su dei giovani inesperti alla ricerca di un lavoro (e fregarli).
Per esempio.
Il collega Lento
20 giugno 2022“Il Lento sopravvive in natura solo per alcune caratteristiche molto particolari.
Non per l´intelligenza, la prestanza fisica o la capacità di adattamento. Sopravvive in natura per la metodica e LENTA (ma precisa e senza alcuna fantasia) applicazione delle istruzioni che riceve”.
Anonimo ligure – Definizione del collega Lento che tutti abbiamo avuto almeno una volta nella vita.
(E se non lo hai mai avuto, allora il collega Lento sei tu)
Il lavoro etico
24 giugno 2021Vivo all’estero. E capita spesso che amici e conoscenti mi chiedano se non abbia voglia di tornare in Italia, se non mi manchi l’Italia, e così via.
Certo che mi manca l’Italia, mi manca Pescara, mi mancano i miei amici e la mia famiglia, un ambiente in cui “mi sento a casa”, il mio habitat naturale. Tuttavia, non penso assolutamente a tornare indietro.
La ragione principale è che non mi piace lavorare. Vorrei essere ricco e poter non fare una mazza dalla mattina alla sera. O meglio, poter fare solo quello che voglio io, quando lo voglio io.
Purtroppo non sono ricco (ancora) e mi tocca lavorare. Ma se lo devo proprio fare, allora voglio almeno farlo nelle migliori condizioni possibili.
L’Italia è un posto dove, come dimostra ancora una volta il titolo del Corriere qui sopra, quella che dovrebbe essere la normalità è considerata un’eccezione. Un posto in cui ti pagano il giusto, ti danno un contratto regolare, ti pagano gli straordinari se lavori extra e – udite! udite! – ti concedono perfino il giorno di riposo, balza agli onori delle cronache come un fatto inusuale.
Ed è vero: è un fatto inusuale. Lo dico sia per esperienza personale che per quello che mi raccontano moltissimi dei miei amici ed ex colleghi.
Fortunatamente vivo in un posto dove i salari sono buoni*; dove mi pagano gli straordinari anche se lavorassi solo 15 minuti di più; dove ho un anno di disoccupazione senza troppe ansie e comunque riuscirei a trovare un nuovo lavoro nel giro di qualche mese se mi licenziassero (o mi licenziassi); dove non devo fare finta di lavorare mezzora in più per far vedere al mio capo che sono un bravo dipendente, ma basta che svolga i miei compiti lavorativi nel tempo prestabilito; dove se anche a 50 anni avessi voglia di rimettermi a studiare, lo Stato mi supporterebbe anche economicamente. E tanto altro che adesso non mi viene in mente.
L’Italia è un bellissimo Paese sotto molti, moltissimi aspetti. È per questo che ci torno molto volentieri, in vacanza.
*Una volta a un colloquio di lavoro, il futuro capo mi chiese quanto volevo per accettare il posto. Risposi con una cifra. Ottenni il lavoro e mi offrirono uno stipendio superiore a quello che avevo chiesto.
Rampini e lo smart working (che non si chiama “smart working”, poi)
6 agosto 2020Il giornalista Federico Rampini se la prende in Tv con lo smart working.
“Bisogna fare pulizia dei sabotatori della rinascita italiana – ha detto in diretta, spalleggiato dagli altri ospiti -. Andiamo a guardare cos’è stato il crollo della produttività dei lavoratori pubblici che si sono fatti a casa il lockdown con il cosiddetto smart working“.
Secondo Rampini questa gente si è fatta “le vacanze a casa, il lockdown è diventato un alibi per i lazzaroni”.
Le polemiche e le risposte piccate per gli insulti gratuiti contro chi lavora nella pubblica amministrazione non sono mancate.
Ma per me il punto non è tanto quello. La questione che va sottolineata è come, ancora una volta, la classe dirigente italiana si dimostri completamente fuori dal tempo, incapace di comprendere la realtà che la circonda e bloccata nelle sue convinzioni e schemi mentali antiquati e sorpassati.
Perché la società e il mondo del lavoro, senza che Rampini e i suoi accoliti se ne accorgano, si evolvono molto in fretta; e il telelavoro e lo smart working (che non sono proprio la stessa cosa) rappresentano in realtà un futuro molto più vicino di quello che si pensi.
Molti datori di lavoro in tutto il mondo lo stanno capendo.
Rampini no.
Aforismi/40
11 ottobre 2019“Il lavoro fa cagare al cazzo.
Nobilita l’uomo idiota.
Quello non idiota si nobilita col tempo libero”.
Anonima pescarese, in un momento di frustrazione.
La dittatura del lavoro
13 giugno 2019A che punto siamo con “l’unione” nell’Unione Europea
9 ottobre 2018Un piccolo articolo che ho scritto qualche settimana fa per la ONG Mistral, che si occupa di promuovere e rafforzare i diritti dei cittadini europei all’interno dell’UE.
Quattro interviste a quattro cittadini italiani che raccontano come trasferirsi da un Paese all’altro in Europa non sia così semplice e anche come la situazione in Svezia non sia tutta rose e fiori come alcuni in Italia credono.
Voices from EU citizens
Corollario n.1 alla “Riflessione sul lavoro”
23 novembre 2016Dicesi “hobby“:
- tutto quello che vorresti fare quando non hai tempo, perché purtroppo spendi tutto il tuo tempo per lavorare;
- tutto quello che comunque non fai quando hai tempo, perché purtroppo spendi tutto il tuo tempo per cercare un lavoro.
NB- Questa definizione è il corollario N.1 alla “Riflessione sul lavoro“.