Posts Tagged ‘giornali’
6 agosto 2020

2015: due intellettuali italiani discutono sul futuro del mondo
Il giornalista Federico Rampini se la prende in Tv con lo smart working.
“Bisogna fare pulizia dei sabotatori della rinascita italiana – ha detto in diretta, spalleggiato dagli altri ospiti -. Andiamo a guardare cos’è stato il crollo della produttività dei lavoratori pubblici che si sono fatti a casa il lockdown con il cosiddetto smart working“.
Secondo Rampini questa gente si è fatta “le vacanze a casa, il lockdown è diventato un alibi per i lazzaroni”.
Le polemiche e le risposte piccate per gli insulti gratuiti contro chi lavora nella pubblica amministrazione non sono mancate.
Ma per me il punto non è tanto quello. La questione che va sottolineata è come, ancora una volta, la classe dirigente italiana si dimostri completamente fuori dal tempo, incapace di comprendere la realtà che la circonda e bloccata nelle sue convinzioni e schemi mentali antiquati e sorpassati.
Perché la società e il mondo del lavoro, senza che Rampini e i suoi accoliti se ne accorgano, si evolvono molto in fretta; e il telelavoro e lo smart working (che non sono proprio la stessa cosa) rappresentano in realtà un futuro molto più vicino di quello che si pensi.
Molti datori di lavoro in tutto il mondo lo stanno capendo.
Rampini no.
Tag:#rampinomics, elite, Federico Rampini, fuori dal tempo, giornali, giornalismo, intellettuali, italiani, lavoro, smart working, telelavoro, work from home
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27 settembre 2016
Qualche anno fa mi trovavo a lavorare per un giornale (non dirò il nome così sarà impossibile risalire all’identità delle persone che saranno citate in questa storia) dove mi succedevano delle cose bislacche. Di giornali ne ho girati tanti, ma quello che accadeva in quella redazione è difficile da spiegare. Anzi, è proprio impossibile se non si è vissuto in prima persona.
Preso dalla “nostalgia”, mi sono andato a rileggere alcuni vecchi scambi di comunicazioni interne e mi sono imbattuto in una mail del direttore che è assolutamente folle. E’ una mail che, a mio avviso, mostra uno dei motivi per cui i giornali italiani vanno male: sono diretti da gente spesso fuori dal tempo chiusa nel guscio delle proprie convinzioni.
La mail comincia così: (more…)
Tag:comunicazioni interne, crisi, editoria, giapponese, giornali, giornalismi, giornalismo, informazione, lingua, redazione, Tokio, Tokyo, traslitterazione, vita di redazione
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14 ottobre 2015
Come detto ieri, ricevo questo articolo di Repubblica da un amico: in Svezia vogliono introdurre le 6 ore lavorative giornaliere.
Siccome vivo in Svezia e non ne ho mai sentito parlare, ho voluto approfondire la questione.
Ebbene: è una grandissima vaccata!
In pratica tutto è nato da questo articolo pubblicato il 16 giugno 2015 dalla rivista svedese Chef, che pubblica un’intervista a Linus Feldt, un manager d’azienda che ha introdotto le sei ore invece delle classiche otto. L’articolo è stranamente diventato virale, girando su Facebook e gli altri social, e di click in click la cosa si è ingigantita. “Come il gioco dei sussurri all’orecchio, dove una frase detta all’inizio diventa alla fine qualcosa di completamente diverso”, spiegano i giornalisti svedesi in quest’altro pezzo (intitolato significativamente “L’articolo virale che ha dato inizio al mito delle sei ore lavorative”) stupiti dall’inatteso successo del pezzo.
Perché, oltretutto, quella di introdurre le sei ore lavorative è una questione che in Svezia circola da sempre e che ciclicamente viene riproposta da qualcuno (qui un articolo di quasi due anni fa, per esempio).
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Tag:articolo virale, Ezio Mauro, facebook, giornali, giornalismi, giornalismo, Huffington Post, Italia, lavorare sei ore, lavoro, Lucia Annunziata, notizia, otto ore, Repubblica, stampa, Svezia
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18 novembre 2014
Partiamo dall’inizio, che poi è anche la conclusione: i giornali non si estingueranno, con buona pace di Beppe Grillo. Cambieranno, si evolveranno, magari modificheranno il supporto; ma non spariranno.
Cento anni fa esistevano i giornali. Poi è arrivata la radio, ma i giornali non sono spariti.
Poi è arrivata la televisione, ma i giornali e la radio non sono spariti.
Poi è arrivato Internet, ma i giornali, la radio e la televisione non sono spariti.
E non spariranno. Video didn’t kill the radio stars.
Ma certo, si dovranno riadattare e rimodellare per restare al passo coi tempi. Mi trovo d’accordo con ciò che ha scritto il direttore della Gazzetta dello sport Andrea Monti ieri, 17 novembre 2014, presentando la nuova veste grafica del proprio quotidiano:
Fortuna vuole che la qualità migliore della Gazzetta non sia la resistenza bensì la “resilienza”, termine che la scienza usa per definire materiali o specie animali che sanno reagire al mutamento. La capacità di adattarsi non è mera sopravvivenza. E’ un’arte meravigliosa che richiede creatività e non ammette illusioni.
Ha perfettamente ragione, ma purtroppo non tutti i suoi colleghi direttori (ed editori e giornalisti con loro) l’hanno capito. (more…)
Tag:Andrea Monti, Beppe Grillo, futuro, Gazzetta, giornali, giornalismo
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4 novembre 2014
Un club, quello degli articoli 1 dei giornali, fatto in larga misura – non tutti, non è il caso di generalizzare, ma tanti sì – da gente che non lavora. Da signori con un’altissima opinione di sé, che fanno male o malissimo il loro dovere – quella roba lì che costa un sacco di fatica e sbattimento: cercare notizie – e considera i suoi rari e scadenti (e strapagati) prodotti, gentili concessioni ai lettori delle verità rivelate ai loro intelletti superiori. Che considerano dunque i soldi che ricevono sotto forma di stipendio, la dovuta tutela dell’esistenza di cotanto valore intellettuale per la nazione, che guai a ridurlo a una mera questione di paga per prestazione lavorativa. Il pluralismo “è”, e non può essere ridotto a una volgare questione di soldi.
Tratto da: Il pluralismo delle rendite (giornalistiche)
Tag:Casta, contributi pubblici, giornali, giornalismo, giornalisti, informazione, pluralismo
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30 settembre 2013
Si torna a parlare sui media di crisi dei giornali. L’occasione è l’annuncio da parte della proprietà di Repubblica del prepensionamento di 80 giornalisti della testata. Si discute dell’argomento sui giornali solo perché riguarda i giornalisti stessi, che continuano nella pratica comune dell’autodifesa della categoria. Perché se un’altra azienda delle dimensioni simili a quelle della proprietà di Repubblica avesse messo in prepensionamento 80 persone (non licenziate, ma “prepensionamento”), come notizia avrebbe a malapena occupato le pagine della cronaca locale.
Invece c’è già chi si straccia le vesti.
Barbara Palombelli sulle pagine del Foglio si prodiga nell’ennesima squallida difesa della Casta, piagnucolando che “in silenzio, con dignità e dolore, una generazione intera – i nati dal 1952 al 1957 – lascerà il giornalismo attivo”. La Palombelli però non si fa nemmeno trapassare di striscio dall’idea che le “giovani” generazioni (che giovani non lo sono più, ormai) – ovvero quelli nati negli anni ’80 – non vedranno probabilmente né le pensioni né le prepensioni. E questo per errori ed orrori che proprio la sua generazione ha collezionato nei decenni.
La crisi dei giornali incombe: tutti si lamentano, tutti piangono miseria, alcuni chiedono aiuto (ancora?) allo Stato, qualcuno prova a reagire. Ma quasi nessuno dice la verità: ovvero che i giornali non vendono perché fanno schifo.
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Tag:Barbara Palombelli, carta stampata, Casta, Dagospia, editoria, futuro, giornali, giornalismi, giornalismo, new media, precariato, quotidiani, riviste, Roberto D'Agostino, stampa
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4 aprile 2013

“L’amministratore delegato di Rcs, Pietro Scott Jovane, ha annunciato un piano triennale di ristrutturazione lacrime e sangue, ‘quel che la Merkel fa con il resto dell’Europa, per intenderci’: austerità pura, rigore nei conti, tagli drammatici. E il rilancio? Più avanti ci si penserà, forse…”.
Così scrive Paola Peduzzi per Il Foglio (che citerò varie volte nel corso del mio post).
La questione di cui si parla nell’articolo è che il gruppo Rcs, di cui il Corriere della Sera fa parte, deve fare dei drastici tagli per sopravvivere. Ma i giornalisti del Corrierone non ci stanno: “Nessun sacrificio, il quotidiano va bene. Se ci sono delle perdite in bilancio la colpa è degli altri”, strepita il Cdr (mostro multicefalo tipico dei giornali, sotto la cui sigla si cela il Comitato di redazione).
Ma non va bene proprio un cazzo, cari “colleghi” del Corriere.
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Tag:carta stampata, Casta, editoria, futuro, giornali, giornalismi, giornalismo, new media, precariato, quotidiani, riviste, stampa
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