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La scuola italiana, il precariato e il ministro Giannini

30 giugno 2016

Circa un mese e mezzo fa (quasi due a dire la verità. Lo so, sto trascurando il blog ultimamente) c’è stata una rovente polemica fra il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini e il “mondo della scuola”/”mondo del lavoro”.

Il motivo della contestazione da parte dei due mondi, risiede nelle seguenti dichiarazioni del ministro rilasciate in seguito a una intervista:

L’Italia paga un’impostazione eccessivamente teorica del sistema d’istruzione, legata alle nostre radici classiche. Sapere non significa necessariamente saper fare. Per formare persone altamente qualificate come il mercato richiede è necessario imprimere un’impronta più pratica all’istruzione italiana, svincolandola dai limiti che possono derivare da un’impostazione classica e troppo teorica.

L’istruzione italiana è però quasi sempre il motivo per il quale gli studenti italiani trapiantati all’estero eccellono rispetto ai propri coetanei stranieri.

Certamente non dobbiamo rinnegare le radici classiche del sistema italiano, è però necessario stare al passo coi tempi e colmare la lacuna che ci divide dai Paesi competitivi. Il mercato richiede la formazione di personale flessibile e un’impostazione troppo teorica del sistema italiano rischia di essere d’intralcio.

A proposito della flessibilità: tale concetto viene in Italia considerato equivalente a quello di precariato. Si può dunque affermare che la flessibilità non sia sinonimo di malessere?

Sì. Flessibilità deve voler dire dinamismo e mobilità del lavoro e delle persone, anche se spesso viene tristemente associato alla precarietà. Con le riforme vogliamo introdurre una flessibilità virtuosa sia sociale che professionale.

In seguito alle polemiche il ministro ha smentito e precisato alcune dichiarazioni e l’intervista alla fine è stata perfino cancellata dall’Huffington Post (e qui stendo un velo davvero pietoso, sulla presunta libertà editoriale e giornalistica di un quotidiano online che cancella un’intervista su – presumo – spinta del ministero…). L’accusa è più o meno quella che, con la scusa di riformare il sistema scolastico, il Governo voglia far accettare agli italiani la precarietà lavorativa.

Arrivando al punto: sarò controcorrente, ma secondo me il ministro ha ragione.

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