Posts Tagged ‘Russia’

Memoria

19 novembre 2015

di Pietrangelo Buttafuoco per Il Foglio del 17 novembre

E’ terribile. Dimentichiamo tutto. Oggi piangiamo i morti delle stragi di Parigi e abbiamo già cancellato i morti di Beirut – quattro giorni fa, cinque? – non ne abbiamo più memoria. Non sappiamo più di 224 anime – due settimane fa, tre? – consegnate allo strazio di un aereo russo in volo sui cieli del Sinai. Erano russi e della Russia che pure combatte contro i terroristi dell’Isis in Siria ci ricordiamo solo l’affaire del doping. A proposito di Russia: 23 ottobre 2002, 850 ostaggi al teatro Dubrovka, a Mosca. Primo settembre 2004. La mattanza si completa il 3. Vengono trucidate 333 persone, 186 di loro, sono bambini. A Beslan. Allora era Al Qaida. Oggi è l’Isis. Dimentichiamo tutto.

Fonte: Il Foglio

Scontro tra imperi

18 dicembre 2014

«I nostri partner hanno deciso che loro sono un impero e tutti gli altri i loro vassalli da schiacciare».

Vladimir Putin – 18/12/2014

L’imparzialità dei giornali inglesi e il gradimento di Putin

11 aprile 2014

Nigel Farage, il politico inglese a capo dell’Ukip (Partito per l’Indipendenza del Regno Unito), ha rilasciato un’intervista a GQ in cui ha affermato che Vladimir Putin è il leader che più ammira al mondo. “Non come essere umano, ma come politico. Il modo in cui si è occupato della questione siriana è stato brillante. Non che io lo apprezzi come politico. Voglio dire: quanti giornalisti ci sono in cella?”

Inevitabili sono state le reazioni politiche, che hanno (poco) sottilmente accusato Farage di avere simpatie antidemocratiche. E anche i giornali hanno ghignato di fronte alle sue dichiarazioni, prendendo spunto per attaccarlo.

L’Independent ha lanciato poche ore dopo un sondaggio per i propri lettori. Sotto una bella immagine col faccione incazzato di Nigel Farage e del lupo-cattivo-Putin, il quotidiano inglese scrive:

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La Russia, l’Ucraina, gli Usa e la sovranità di uno Stato

4 marzo 2014

“Da quando il governo degli Stati Uniti sottoscrive e difende sinceramente il concetto di sovranità e integrità territoriali? Certamente non lo stanno facendo in Siria. E sicuramente non lo hanno fatto neppure quando hanno attaccato la Libia. E nemmeno quando hanno invaso l’Iraq. E sicuramente non lo hanno fatto neppure quando hanno attaccato la Serbia a favore del Kosovo, riconoscendo poi l’unilaterale dichiarazione di indipendenza del Kosovo stesso. Il governo degli Stati Uniti rispetta sovranità e integrità territoriali solo da un punto di vista meramente formale, poi però sceglie attentamente a chi accordarle”.

Marcus Papadopoulos – commentatore politico intervistato da Russia Times

Giornalismo, sicurezza e libertà

21 novembre 2013

Qual è il confine tra il diritto di un giornalista a dare le notizie e l’obbligo a non mettere in pericolo qualcuno rivelando attività segrete di governo?

Ne hanno parlato in un convegno alcuni giornalisti autorevoli prendendo spunto dallo scandalo “Datagate”, la vicenda che ha coinvolto Edward Snowden, l’ex funzionario della Nsa che ha svelato molte attività moralmente e legalmente discutibili dei servizi segreti americani.

Repubblica ha riportato uno stralcio di cosa si sono detti i professionisti dell’informazione. Molto interessante e condivisibile è quello che ha detto Sylvie Kauffmann, direttore editoriale di Le Monde:

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Cosa succede in Siria/13

24 agosto 2013

Assad usa le armi chimiche per combattere (e uccidere) i ribelli. Quindi l’Unione Europea e gli Stati Uniti si preparano a intervenire. Arriva una nuova “missione di pace”?

Eppure sul fatto che Bashar al Assad abbia usato davvero il gas sarin contro i suoi nemici esistono molti e fondati dubbi. Brevemente:

1- Prima di tutto: cui prodest? La prima domanda che bisogna farsi è sempre la stessa. Perché il capo del Governo siriano, che sta vincendo la guerra civile riconquistando tutte le postazioni perdute, dovrebbe usare degli agenti chimici contro i ribelli proprio nel momento in cui gli ispettori Onu arrivano in Siria per indagare, appunto, sull’uso di agenti chimici?

La domanda è importante e non me la pongo solo io. Lo stesso dubbio è espresso da Gwyn Winfield sulle pagine di Repubblica. Winfield, come lo descrive il giornale fondato da Scalfari, è a capo delle Falcon Communications inglese, un’autorità riconosciuta nel campo della difesa dalle armi non convenzionali. Afferma l’esperto:

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Altro che dissidente. Chi è davvero Ablyazov, l’oligarca in fuga

18 luglio 2013

di Pietro Acquistapace per EastJournal

L’espulsione della moglie e della figlia del dissidente kazako Ablyazov è diventata uno scandalo nazionale. I giornali si rincorrono cercando di strumentalizzare la vicenda a favore di questa o quella parte politica. Ma la realtà è assai più complessa e molte sono le zone grigie. Cominciamo da lui, chi è Mukhtar Ablyazov?

Affarista kazako ritenuto un giovane di belle speranze, assai vicino al regime del presidente Nazarbayev, si arricchisce (come molti altri) in seguito al crollo dell’Unione Sovietica. Verso la fine degli anni Novanta viene nominato ministro per l’Energia. Quello dell’energia è un settore strategico in Kazakhstan, una gallina dalle uova d’oro su cui tutti, dentro e fuori il paese, vogliono mettere le mani. Qui iniziano i suoi guai. Accusato di corruzione, incarcerato, viene poi “perdonato” dal presidente Nazarbayev e torna alla vita politica fondando un partito di opposizione. Ma l’opposizione, in Kazakhstan, è fantoccia e serve al regime per legittimarsi al potere. Oppure è finanziata (e protetta) dalle potenze occidentali. Ablyazov più che alla politica pensa però agli affari e conquista la banca kazaka BTA incrementandone il volume di affari grazie ad una congiuntura economica favorevole.

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Gli Stati Uniti fanno ancora paura? La sfida (non solo) di Mosca

3 luglio 2013

Di Valerio Pierantozzi per EastJournal.net

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Chi ha paura ancora dell’America? O peggio, chi rispetta ancora gli Stati Uniti? La vicenda di Ed Snowden ha messo di nuovo sotto gli occhi di tutti l’impotenza dell’attuale amministrazione americana nel dettare legge in campo internazionale. Quello che una volta era il Paese più temuto, rispettato, autorevole e ascoltato sia dai propri alleati che dai propri nemici, adesso sembra aver perso parecchio del suo smalto.

Il nuovo Assange

Edward Joseph Snowden è un cittadino statunitense di 30 anni che lavorava come tecnico informatico per la Booz Allen Hamilton, azienda di tecnologia informatica consulente della Nsa, la National Security Agency, ovvero una delle organizzazioni statunitensi che si occupano della sicurezza nazionale. Snowden si trovava in congedo temporaneo quando il 20 maggio scorso volò verso Hong Kong. Si trovava ancora nell’ex colonia britannica quando le prime informazioni sulla Nsa cominciarono a trapelare sui giornali. Da quel momento e per quasi la totalità di giugno, è stato coinvolto in una serie di rivelazioni che molti hanno definito come le più importanti della storia della Nsa.
Non è intenzione del presente articolo entrare nello specifico dell’analisi riguardante lo scandalo chiamato “Datagate”. Piuttosto si vuole sottolineare come da allora Snowden sia diventato il ricercato numero uno per gli Stati Uniti. Agli occhi del pubblico, invece, è diventato il nuovo Julian Assange, paladino della libertà di informazione nel mondo.

Estradizione

Il governo americano sta cercando in tutti i modi di ottenere l’estradizione di Snowden. Per Obama è soprattutto una questione di immagine e di deterrenza. È fortemente probabile infatti che l’ex funzionario non abbia agito da solo e faccia parte di una strategia più ampia (forse di lotta interna ai servizi statunitensi). Tutti i responsabili della fuga di notizie riservate saranno cercati con calma e sottotraccia, come si confà a una vera agenzia di intelligence. Tuttavia gli Stati Uniti non possono permettersi di lasciare impunito l’ex funzionario: rappresenterebbe un messaggio estremamente negativo e un colpo molto forte alla propria credibilità. Nel caso la passasse liscia, Snowden potrebbe trovare molti altri emulatori. E ciò non è in alcun modo ammissibile.

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“Una notte da leoni” per Stalin e Churchill

31 Maggio 2013

Di Enrico Franceschini per Repubblica

«Bere è la nostra gioia, non possiamo vivere senza», diceva intorno all’anno mille il principe Vladimir, fondatore della Russia. Ma anche gli inglesi non scherzano, da questo punto di vista. E fu proprio la comune propensione per l’alcol a rompere il ghiaccio tra un russo e un inglese dai quali dipendevano non poco le sorti della seconda guerra mondiale.

Josif Stalin e Winston Churchill, durante una visitaa Mosca del primo ministro britannico nel 1942, non s’intendevano per niente. La missione sembrava sul punto di concludersi con un fiasco, quando Churchill ebbe l’ idea di proporre una serata a tu per tu con il dittatore sovietico. E mangiando a profusione, o più precisamente svuotando un bel po’ di bottiglie, si presume di vodka e di whisky per mantenere un’eguaglianza etilica, i due leader si scoprirono amici.

Quando quella sbronza congiunta in una sala del Cremlino finalmente volse al termine, alle 3 del mattino un collaboratore di Churchill li trovò «in preda a un umore gioioso come a una festa di matrimonio», scrisse nel suo rapporto.

Ora quel documento è uscito dagli archivi di Londra, insieme ad altri segreti della stessa epoca: una lettera scritta al premier britannico dal conte Galeazzo Ciano, pochi giorni prima di essere fucilato in Italia, in cui descriveva Mussolini come «un ignobile pagliaccio»; la decisione del governo britannico di ascoltare le telefonate di re Edoardo VIII, di cui non si fidava più, nei giorni precedenti la sua abdicazione dal trono per poter sposare la divorziata americana Wally Simpson; l’ arresto nel 1941 di un agente dell’MI6 in Spagna, completamente travestito da donna; un piano per eliminare il generale nazista Rommel, «la volpe del deserto».

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Cosa succede in Siria/12

18 dicembre 2012

SIRIA: Le bugie dei “buoni” e il futuro dei “cattivi”
di Valerio Pierantozzi per EastJournal.net

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Essere più realisti del re: è tipico di chi non ha opinioni proprie o il coraggio di affermarle. Così, gli stalinisti erano più “stalinisti” di Stalin e i gerarchi fascisti più “fascisti” del Duce. E lo stesso fa l’Italia con gli Usa.

Meno male che siamo i “buoni”…
Ecco quindi che il giorno dopo la dichiarazione degli Stati Uniti che riconosce ufficialmente i ribelli, arriva quella italiana in cui “la Coalizione nazionale degli oppositori siriani è indicata come unica legittima rappresentante del popolo siriano”.
La differenza è importante. Il giorno prima, l’11 dicembre, intervistato dal canale televisivo Abc, il presidente Barack Obama aveva definito l’opposizione come “rappresentante legittimo” del popolo siriano. Ma il ministro degli Esteri Giulio Terzi è andato oltre, riconoscendoli come “unici” legittimi.
È sempre bello notare come gli Stati “buoni” si arroghino il diritto di giudicare le situazioni interne degli Stati “cattivi”. È un vizio difficile da levarsi, a quanto pare.
Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov si è detto “stupito” dalla decisione americana, definendola in contrasto con gli accordi di Ginevra. “Evidentemente gli Usa hanno deciso di puntare tutto sulla vittoria armata della coalizione”, conclude. Ma in realtà non c’è niente di cui stupirsi: gli Usa proseguono semplicemente nella loro solita politica.

Dove sono le armi chimiche?
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