Posts Tagged ‘Pietrangelo Buttafuoco’

Buttafuoco VS Augias

7 novembre 2014

La fine di Fini

14 Maggio 2012

di Pietrangelo Buttafuoco per Il Foglio

L’ultima volta che ho incrociato lo sguardo di Gianfranco Fini è stato a un semaforo. Io aspettavo l’autobus e lui era nella sua auto blu, sulla corsia interna di via Gregorio VII, a Roma. Ci siamo guardati un istante. Giusto il tempo di riconoscerci reciprocamente (così, almeno, spero, perché forse l’ho riconosciuto solo io, non riconoscendo nulla di ciò che era stato lui).

Era stato, lui, quanto di peggio la destra potesse essere in un’Italia attardata negli anni 70 del secolo scorso.

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Onore e armi in pugno. Come sanno morire i nostri nemici, nessuno

22 ottobre 2011

di Pietrangelo Buttafuoco per Il Foglio

Come sanno morire i nostri nemici, nessuno.Come ha saputo morire il rais, armi in pugno, lo sapevano fare solo i nostri. Come a Bir el Gobi quando con onore, dignità e coraggio sorridevano alla morte. Fosse pure per fecondare l’Africa.

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Democrazie

6 settembre 2011

Dalla rubrica “Il riempitivo”, di Pietrangelo Buttafuoco. Sul Foglio del 6 settembre.

L’infermiera Oksana parla di Gheddafi e dice: “Il Rais? Per noi era papi”. Ecco, facciamo un fermo immagine. Sovrapponiamo l’Italia alla Libia e seppure già il vocabolario e l’uso dei vezzeggiativi possano aiutare nella comparazione, invece che scherzarci sopra è quanto mai opportuno fare scongiuri. Ripetere in farsa la tragedia di Tripoli, ripeterla a Roma, insomma, sarebbe letale e non solo per la guerra civile ma per doverci poi sorbire qualche sermone da Londra e da Washington (e da Parigi) e ritrovarci, come niente, con la democrazia e la libertà.

Fonte: Il Foglio

Al sommo scrittore querulo

31 gennaio 2011

Pietrangelo Buttafuoco dice un po’ quello che avevo detto anche io su Roberto Saviano. Solo che lo fa molto meglio, in modo più convincente e con lo stile che lo caratterizza.

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Lettera di un amico a Saviano. Caro Roberto, non identificarti col coro dei tuoi lettori, meglio l’eresia

Tutto quello che non ti dico quando ci vediamo, caro Roberto, tutto quello che metto tra parentesi per la leggerezza del volersi bene e il piacere di vedersi al ristorante o tra gli uffici e le scale di via Sicilia, alla Mondadori, te lo metto per iscritto adesso. E ti chiedo: perché, tu che non somigli a nessuno, vuoi assomigliare ai tuoi lettori? Guai se Georges Simenon, che è un genio, risultasse identico ai viaggiatori negli scompartimenti, i suoi lettori. Sarebbe solo un disturbato incapace di vedere la propria vita. Magari sarebbe in grado di uccidere. Ma non di scrivere e di scappare via da quel mondo: “Sono partito – così confessò – proprio per non commettere quei delitti di cui mi sarei volentieri macchiato se fossi rimasto in provincia”. Guai, dunque, se Carmelo Bene somigliasse agli astanti dispersi nei teatri, tutti orfani della sua voce, sarebbe macchietta, un pernacchio nasale e perciò sarebbe pensato, non de-pensato. Guai se un Baudelaire potesse essere scambiato con tutti i suicidi, gli allunati e i malati di poesia, guai, infine, se perfino una Raffaella Carrà si specchiasse in tutte le checche scatenate nel ballo del tuca tuca. (more…)

Gianfranco, Marcello, Marco, Pietrangelo. Storie di giovani missini

26 settembre 2010

Marcello Veneziani per Il Giornale

Io so chi c’è dietro le carte che accusano Fini. So chi le ispira, conosco bene il mandante. Non c’entra affatto con Palazzo Chigi, i servizi segreti, il governo di Santa Lucia. È un ragazzo di quindici anni che si iscrisse alla Giovane Italia. Sognava un’Italia migliore, amava la tradizione quanto la ribellione, detestava l’arroganza dei contestatori almeno quanto la viltà dei moderati, e si sedette dalla parte del torto, per gusto aspro di libertà. Portava in piazza la bandiera tricolore, si emozionava per storie antiche e comizi infiammati, pensava che solo i maledetti potessero dire la verità.

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