Prendere esempio.
Posts Tagged ‘media’
Salone del Gusto di Torino 2012
31 ottobre 2012Ma anche viceversa (sulla condanna alla commissione Grandi Rischi)
23 ottobre 2012Tanto per intenderci.
Oggi il giudice del Tribunale dell’Aquila Marco Billi ha condannato in primo grado a sei anni di reclusione i sette imputati che facevano parte della commissione Grandi Rischi: Franco Barberi, Bernardo De Bernardinis, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Claudio Eva e Mauro Dolce.
Sono stati giudicati colpevoli di lesioni colpose e omicidio colposo plurimo.
Su alcuni telegiornali ho già sentito degli abomini comunicativi o veri e propri falsi, del tipo che “i sette imputati sono stati condannati per non aver previsto il terremoto”.
Quanto bisogna lavorare per una pinta di birra?
26 settembre 2012L’Economist fa un calcolo molto interessante: quante ore di lavoro bisogna accumulare per essere in grado di pagarsi mezzo litro di birra?
E mette a confronto 150 Paesi del mondo. Il posto dove bisogna faticare di più per andare al pub è l’India, dive bisognare lavorare quasi un’ora.
Va meglio in Italia, dove bastano 12/13 minuti al giorno per pagarsi una birra media.
Anche se il prezzo medio stabilito dal giornale britannico desta in me qualche perplessità.
La guerra in Siria e l’ipocrisia dei media
28 agosto 2012Magistrale articolo di Massimo Ragnedda per Tiscali.it. Ne consiglio la lettura da cima a fondo.
————————————————————
Quanta ipocrisia dietro il conflitto siriano. E quanta malafede nella disinformazione. In Siria è in atto una guerra civile, molto delicata e che travalica i confini nazionali. È una guerra tra interessi geostrategici e fazioni opposte, sostenute e foraggiate da grandi potenze per motivi contrapposti. Quella in Siria è una guerra per ridisegnare il Medio Oriente, per estendere i propri interessi e la propria egemonia, per controllare confini e risorse, per conquistare mercati e alleati. Basta con tutta questa ipocrisia occidentale dei diritti umani. Parliamoci chiaro senza prenderci in giro: alle potenze occidentali (non dico all’opinione pubblica, ma ai governi piegati agli interessi delle multinazionali) non interessa un fico secco dei diritti umani, così come non interessano alla Cina e alla Russia, ma sono solo un pretesto usato per coprire le reali ragioni che spingono gli stati ad entrare in guerra. Altrimenti non si capirebbe come si possa condannare la Siria e salvare l’Arabia Saudita (probabilmente una delle peggiori dittature al mondo), salvare la crudele repressione del Baharain, giustificare il Qatar e l’aver tollerato per 30 anni Mubarak. Non sto difendendo Assad e suoi crimini, ma sono nauseato dall’ipocrisia di chi parla di violazione dei diritti civili e della necessità di un “intervento umanitario” – vecchio slogan sempre buono nel mondo occidentale per giustificare le peggiori nefandezze – della comunità internazionale, intendo per essa l’Occidente e la Nato.
Il futuro del giornalismo
11 gennaio 2012Tempestività, approfondimento, intuizione, design, reputazione, comunità, filtraggio, rilevanza. Saranno questi secondo l’esperto di media americano Ross Dawson gli aspetti che i giornalisti dovranno tenere sempre più presente: “Sono quelli che i cittadini si aspettano e per cui saranno disposti a pagare e che, quindi, riusciranno a produrre una base sostenibile per un giornalismo di qualità’’.
Il giornalismo per molti aspetti, secondo Dawson, sarà simile a quello del passato. Ma per altri dovrà cambiare. Innanzitutto, per restare al passo coi tempi, dovrà affrontare questa sorta di cross-over comunicativo che sta travolgendo la realtà. In molti paesi si sta già facendo, in Italia siamo ancora un po’ indietro.
La guerra in Libia e le menzogne dei media/2
26 agosto 2011di Alessandro Dal Lago per il manifesto
Il figlio di Gheddafi che viene catturato e poi ricompare baldanzoso nella notte. Tripoli che insorge, mentre invece la città è assalita da combattenti venuti da fuori. Festeggiamenti a Bengasi fatti passare per l’esultanza dei tripolini. Un regime dato per finito che dopo tre giorni continua a bombardare il centro della città. Inviati in elmetto che mettono in posa i combattenti per riprenderli. Dirette dalla battaglia in cui si vedono solo tetti e il fumo in lontananza…
Più che di «nebbia della guerra» si dovrebbe parlare di una guerra televisiva che ha ben poco a che fare con quello che succede, ma rientra in una strategia mediale mirata a confondere le acque sia agli occhi dell’opinione pubblica occidentale, sia a quelli del regime di Tripoli. D’altronde si sa che al Jazeera è la voce dei regimi arabi moderati, a partire dal Quatar, molto attivo sul campo nell’assistenza (anche militare) ai ribelli libici, e che i conservatori inglesi hanno strettissimi rapporti con Murdoch, il padrone di Sky. Fatti i conti, è chiaro che gran parte dei media racconta una guerra immaginaria, mentre i loro sponsor, Cameron, Sarkozy e Obama incrociano le dita sperando che la guerra vera vada proprio come sperano.
Ma la guerra vera è tutt’altra cosa da quella raccontata in prima pagina.
Basta analizzare i servizi più meditati sulle pagine interne dei grandi quotidiani internazionali.
La guerra in Libia e le menzogne dei media
24 agosto 2011di Marinella Correggia per Agoravox
Menzogne di una notte insonne (anche sotto il fortunato cielo italiano che nessuno bombarda dal 1945). Menzogne e arroganza fino all’ultimo in una guerra cominciata e continuata con notizie false, in cui i media hanno avuto il ruolo dell’aiuto carnefice. Solo la tivù russa Rt e quella venezuelana Telesur spiegano che è una vittoria dovuta alla carneficina compiuta dalla Nato anche con droni ed elicotteri Apache soprattutto negli ultimi giorni. L’obiettivo è quella democrazia che il popolo libico merita, dice il premier britannico Cameron. Peccato che in tutti i mesi scorsi proprio la Nato e i “ribelli” avessero sempre lasciato cadere le proposte di libere elezioni con controllo internazionale avanzate dal governo libico.
Cosa dicono i soliti media
La Nato fa strage a Tripoli bombardando di tutto e uccidendo 1.300 persone in poche ore come denuncia Thierry Meyssan del Réseau Voltaire; ma Repubblica on line scrive che Gheddafi bombarda la folla. Giusto un titolo, senza spiegazione, giusto un modo per non perdere l’allenamento. (more…)