Quando nel 2006 vincemmo il mondiale di calcio ci fu una festa incredibile nella mia città: mai viste tante persone scese in strada contemporaneamente per celebrare l’avvenimento.
Ricordo che un mio carissimo amico mi disse: “Valé, abbiamo vinto il mondiale! Quando ci ricapita un’occasione del genere alla nostra età?”
Quello che mi voleva dire – come mi spiegò poco dopo – è che vincere un mondiale di calcio (una competizione che già di per sé avviene ogni quattro anni) è un evento molto raro. E che il fatto che a noi sia capitato proprio all’apice della nostra giovinezza, cioé fra i 20 e i 30 anni, doveva necessariamente spronarci a fare festa, a divertirci, a ballare-danzare-bere tutta la notte. Lo stesso accadimento vissuto a un’età diversa (che sia a 15 anni oppure a 45 con famiglia e figli) non avrebbe sicuramente significato la stessa cosa per noi.
Fu un evento effettivamente memorabile. Una di quelle esperienze che una persona porta con sé tutta la vita e racconta agli amici, ai figli e ai nipoti. Infatti sono sicuro che tutti si ricordano dove erano al momento del rigore di Fabio Grosso.
Adesso finalmente posso dire di aver vissuto un altro fatto epocale in ambito calcistico: ho vissuto la non-qualificazione dell’Italia a un mondiale di calcio. Un evento, statistiche alla mano, ancora più raro della vittoria di un mondiale.
Grazie Ventura.