Alla faccia di chi crede ancora a una guerra di “buoni” contro “cattivi”.
di Karim Metref per Eastjournal.net
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SIRIA, CHATTANDO CON L’INFERNO
Un documento semplice eppure vivido, una chat da Damasco, un racconto crudo che in poche battute demistifica quanto fin qui raccontato sul conflitto siriano. Inauguriamo così la rubrica di Karim Metref, ‘Dispacci arabi’, uno spazio di cronaca e riflessione su quanto avviene nel mondo arabo, dal Nordafrica al Medio Oriente.
Ecco è riapparso di nuovo. Il mio amico Hamed è vivo e sta cercando di nuovo di scappare dalla Siria.
Qualche mese fa avevo pubblicato l’intervista in cui mi diceva che era in Algeria. Ha girato un po’ in Algeria e dopo un po’ mi ha lasciato un messaggio su Facebook. “Torno in Siria. Non posso stare a guardare in TV quello che succede nel mio paese.”
A quella epoca, Damasco, la sua città, era ancora fuori dalle zone di combattimento e si sperava potesse in qualche modo esserci una soluzione pacifica. Ora, mi dice, è tutto precipitato. É di nuovo disperato e dice che non ha più un posto in quel macello.
Mi annuncia che è sul confine con la Turchia, in una cittadina tutta distrutta e disertata dai suoi abitanti. Chatta da un portatile con Sim Card turca. Una breve chiacchierata in cui mi dice che la sua famiglia è salva ma la casa di suo padre, in un quartiere limitrofo del campo profughi del Yarmouk, a Damasco, è stata rasa al suolo. In mente mi ritornano le belle serate che abbiamo passato in quella casa. Le “mezzé” della mamma Khaoula accompagnate da fiumi di araq. Le risate, i canti, le storie di quelle serate echeggiano ancora nella mia memoria. Tutto quello è crollato. La casa è distrutta e la banda di folli che ci si divertiva è dispersa per sempre. Alcuni cercano dove nascondersi, altri, forse i più fortunati, sono morti.
Descrive un paese con città intere distrutte, gente che gira senza trovare via di scampo e forze armate, una più criminale dell’altra, che giocano ad una specie di macabro gioco del gatto e del topo. Gruppi armati che entrano nei quartieri abitati. Sparano da lì sull’esercito che risponde con i bombardamenti a tappeto. Una macabra logica del caos, che cerca di chiudere definitivamente la strada a qualsiasi soluzione pacifica. Un paese dove a comandare è la forza di fuoco. Punto e basta.