Al liceo negli anni ’90

In questi giorni va molto in voga il revival anni ’90, a causa della scomparsa di due miti di quel periodo. Allora perché non parlare dei miei anni ’90?

Il mio periodo liceale è stato, come dire… molto interessante. Ero uno studente sicuramente dotato, ma anche senza voglia alcuna di studiare. O meglio: studiavo solo quello che volevo io. Per questo i miei voti potevano variare dall’1 al 9 (e non sto scherzando: una volta presi 1 al compito di fisica e un’altra presi 9 a latino o storia, non ricordo bene).

Per molti professori ero un incubo, ero il classico adolescente ribelle che provoca e fa casino e che non si sottomette all’autorità costituita. Alcuni professori invece – i migliori – si facevano rispettare non grazie all’autorità, ma alla loro autorevolezza.

Con altri invece avevo una sorta di rapporto alla pari, un amore/odio a seconda delle occasioni.

 

Non saprei far rientrare il mio professore di inglese in nessuna di queste categorie. Era il nostro oggetto principale di scherzi, eppure era allo stesso tempo anche rispettato. Forse perché stava (quasi) sempre allo scherzo e non si arrabbiava. O forse perché sapeva scindere in maniera molto corretta il ragazzo dallo studente, non lasciandosi andare a simpatie personali.

Faccio qualche esempio.

Lo scherzo classico che gli facevamo era quello di mettere il cancellino della lavagna zuppo di gesso in bilico sulla porta. Il prof poi entrava – con giacca, camicia e gli immancabili occhiali da sole sopra gli occhiali da vista – e il cancellino gli cadeva addosso, facendolo diventare una specie pupazzo di neve. Lui però non si arrabbiava mai, prendeva il fatto per quello che era: uno scherzo da ragazzini. Si faceva una risata e cominciava la lezione.

Un’altra volta entrò in aula e trovo dei ragazzi di un’altra classe. Lui li cacciò e uno di questi uscendo urlo una frase un po’ offensiva. Lui se la prese e iniziò a sgridarci e trattarci male senza motivo. Allorché una mia compagna di allora disse: “Professò, però non se la prenda con noi per una cosa che ha fatto qualcun altro”. Il prof si tacque un secondo e capì che la sua alunna aveva ragione. Si calmò subito e tornò a farci lezione normalmente.

Questo per dire che aveva un suo senso di giustizia nel trattare i suoi alunni.

Senso di giustizia che gli alunni – a loro modo – ricambiavano.

Il prof abitava poco distante e andava a lavoro tutti i giorni in bicicletta. Un giorno ci trasferirono in un’aula a piano terra (durò poco, eravamo troppo turbolenti… ma questa è un’altra storia) e noi “sequestrammo” la bicicletta del prof e la esponemmo sopra i banchi posti a mò di trono. Subito arrivarono dei ragazzi delle altre classi che la volevano distuggere. Ma noi non lasciammo fare, la difendemmo: era il nostro trofeo e nessuno lo poteva toccare! Troppo facile fare i froci col culo degli altri…

Dopodiché, dopo aver sfidato le autorità a riprendersela, riponemmo la bici al suo posto, ancora intatta (mancò giusto la pompa e il prof me la chiese indietro per anni, anche se in realtà non l’avevo io). Avevamo ottenuto la nostra piccola vittoria e tanto ci bastava.

 

Ci sarebbero altri mille aneddoti da raccontare sul prof di inglese del Liceo scientifico Galileo Galilei di Pescara. Ma per farlo dovremmo riunire tutta la classe: molti ricordi ormai fanno fatica a riemergere.

Quel che non scorderò mai però è il suo nome.

Il mio professore di inglese del liceo si chiamava Ubaldo Valeri. E’ scomparso questa mattina e io lo ricorderò sempre con affetto.

E oggi sono finiti anche i miei anni ’90.

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2 Risposte to “Al liceo negli anni ’90”

  1. Massimo Janigro Says:

    Commento con un pò di ritardo… Eravamo terribili, gliene abbiamo fatte di ogni al compianto professore, di qualcosa magari mi pento, però rimaneva tutto a livello di gioco, ossia, anche negli scherzi peggiori non c’era mai odio, c’era sempre una forma di rispetto che evidentemente il Prof. comprendeva, come fai ben capire nel post.

    Un pensiero a lui e a quella storia che da quella via Tasso anni ’90 adesso sopravvive solo dentro di noi.
    Forse meriterebbe una trattazione maggiore, da scriere anche con i protagonisti di quei giorni..

  2. Dimmi di Scampia Says:

    Ciao.Bell’articolo davvero, come è importante essere autorevoli e non autoritari. Il saluto finale mi ha spiazzato, ma soprattutto commosso

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