Come detto ieri, ricevo questo articolo di Repubblica da un amico: in Svezia vogliono introdurre le 6 ore lavorative giornaliere.
Siccome vivo in Svezia e non ne ho mai sentito parlare, ho voluto approfondire la questione.
Ebbene: è una grandissima vaccata!
In pratica tutto è nato da questo articolo pubblicato il 16 giugno 2015 dalla rivista svedese Chef, che pubblica un’intervista a Linus Feldt, un manager d’azienda che ha introdotto le sei ore invece delle classiche otto. L’articolo è stranamente diventato virale, girando su Facebook e gli altri social, e di click in click la cosa si è ingigantita. “Come il gioco dei sussurri all’orecchio, dove una frase detta all’inizio diventa alla fine qualcosa di completamente diverso”, spiegano i giornalisti svedesi in quest’altro pezzo (intitolato significativamente “L’articolo virale che ha dato inizio al mito delle sei ore lavorative”) stupiti dall’inatteso successo del pezzo.
Perché, oltretutto, quella di introdurre le sei ore lavorative è una questione che in Svezia circola da sempre e che ciclicamente viene riproposta da qualcuno (qui un articolo di quasi due anni fa, per esempio).
Quindi non si capisce in realtà il motivo vero per cui questa volta una semplice intervista e qualche esempio di azienda che ha sperimentato, magari anche con successo, questa nuova pratica abbiano avuto questa esplosione mediatica. Tra l’altro riportando la cosa in modo distorto!
C’è da dire che i giornali italiani sono in buona compagnia. Sono totalmente o parzialmente caduti nella trappola tra gli altri anche il Guardian (che è tra i primi a riportare l’argomento -17 settembre 2015- e che comunque lo fa in maniera diversa, intervistando in loco le opinioni di chi ha sperimentato le sei ore); l’Independent -1 ottobre-; il Telegraph -1 ottobre-; la Cnn -2 ottobre-.
Ho scritto “giornali italiani” perché Repubblica non è sola.
Il giornale di Ezio Mauro se non altro ha dato la decisione come “futuribile”, ovvero da prendere per il futuro: «Lavorare sei ore al giorno – scrivono su Repubblica – ed essere più felici. E’ quanto la Svezia ha in mente di fare per incrementare il “tasso di felicità” del Paese». Sebbene – è meglio ricordarlo ancora una volta – non esista nessuna “decisione” da parte di nessuno, se non privati cittadini.
Chi la spara proprio grossa è invece l’Huffington Post italiano che titola in maniera sensazionalistica: «La Svezia introduce la giornata lavorativa di 6 ore: aziende, ospedali e case di riposo accolgono la “rivoluzione”». Evviva! Secondo il giornale di Lucia Annunziata è già tutto fatto. La socialista Svezia (che tutti la vedono ancora così. Poi vallo a spiegare che….) ha deciso che tutti lavoreranno solo sei al giorno e passeranno il resto della giornata ai giardinetti con la famiglia.
L’attacco del pezzo è incredibile. Di primo acchito viene da ridere, se non fosse che testimonia la triste situazione del giornalismo italiano. Citando qualche fonte estera (solo anglofona, mai arrivare a quella primaria, eh…) ecco cosa scrivono:
La fase di sperimentazione è terminata, ora si fa sul serio. La Svezia, dopo aver annunciato la riduzione della giornata lavorativa a sei ore e dopo aver portato avanti coraggiosi tentativi per valutarne gli effetti sul rendimento dei lavoratori […], ha cominciato a muoversi per ufficializzare la decisione: ridurre la giornata lavorativa di molti impiegati in settori pubblici con l’obiettivo di migliorare il rapporto lavoro-vita privata e di rendere i lavoratori più produttivi.
I datori di lavoro in tutto il Paese hanno già dato il via alla rivoluzione, adeguandosi alle direttive […]. L’obiettivo era quello di passare ai fatti nel più breve lasso di tempo possibile e di assicurarsi che le persone conservassero energia per godersi la loro vita privata.
Decidete voi, a questo punto, se ridere o piangere.
Tag: articolo virale, Ezio Mauro, facebook, giornali, giornalismi, giornalismo, Huffington Post, Italia, lavorare sei ore, lavoro, Lucia Annunziata, notizia, otto ore, Repubblica, stampa, Svezia
19 ottobre 2015 alle 10:56 |
In tutto ciò hai scritto all’Huffington Post?
19 ottobre 2015 alle 14:26 |
Gli avevo scritto tempo fa con qualche proposta di collaborazione dalla Svezia. Ma non mi hanno mai risposto: evidentemente hanno fonti migliori!