Un giudice della Siria liberata ci spiega come somministra le frustate
di Susan Dabbous per Il Foglio
Prima di diventare giudice della Corte islamica di Darkush, Sheikh Bilal insegnava Religione in un istituto tecnico. Ora rappresenta la legge in questo villaggio siriano di meno di diecimila abitanti a ridosso del confine turco nella regione di Idlib.
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Grazie allo scambio di prigionieri il carcere gestito da Sheikh Bilal è vuoto, anche perché se si catturano uno shabiha (un uomo delle milizie pro regime) è quasi impossibile che i soldati ribelli “non lo facciano fuori all’istante, viene freddato come un animale”.
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“Per gli adulteri non sposati – ci spiega – le frustate possono variare dalle 80 alle 100, per quelli sposati invece c’è la pena capitale. Ma l’adulterio è quasi impossibile da dimostrare perché il Corano richiede la conferma di quattro testimoni oculari”. Quanto agli omosessuali: “Se sono sposati saranno lanciati da una rupe, i celibi invece saranno puniti con 100 frustate”. Della punizione spartana comunque nel Corano non c’è traccia e Sheikh Bilal parla al futuro perché finora queste sentenze non sono state applicate. Le Corti islamiche al momento sembrano funzionare più come briglia al far west dell’Esercito libero dei ribelli che come strumento repressivo della società. “La Siria non è l’Afghanistan – riprende Sheikh Bilal – Abbiamo più di un milione di cristiani su cui la sharia non può essere applicata”. Sugli abitanti dei villaggi sciiti invece pochi dubbi: “Diverranno tutti sunniti”.
Fonte: ilfoglio.it
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