Le sanzioni all’Iran: una pericolosa partita a scacchi

A Bruxelles i ministri degli esteri europei hanno approvato ufficialmente le sanzioni contro l’Iran. Non sarà piu’ possibile stipulare nuovi contratti per la fornitura di petrolio da Teheran, mentre saranno rispettati i contratti già esistenti ma solo fino al primo luglio.

Come prevedibile, quindi, alla fine è arrivato l’inasprimento dell’embargo europeo all’Iran per convincerli a desistere nel loro programma di arricchimento dell’uranio. Arricchimento che, va sempre sottolineato, fino a prova contraria (che ancora non c’è stata, checché se ne dica) è a scopi civili.

Ma tant’è. Arrivano gli ordini, e l’Europa esegue scodinzolante:

Con l’embargo sulle importazioni di petrolio dall’Iran, l’Europa sceglie di seguire la linea dura definita dagli Stati Uniti.

Come avevo segnalato, nel mirino dell’Occidente non c’è solo il petrolio, ma anche la Banca Centrale Iraniana. Il motivo ufficiale è quello di rendere impossibili le transazioni commerciali fra iraniani ed europei.

Il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi dice che gli effetti sull’economia italiana saranno pressoché nulli, perché il nostro paese ormai diversifica le fonti di approvvigionamento. Vedremo. Rimane il fatto che l’Iran vende il 20% del suo petrolio in Europa, in particolare a Grecia, Italia e Spagna.

L’Iran comunque non si accetta le decisioni dei “buoni” e sfida l’Occidente. Non solo minaccia ritorsioni (chiudere lo stretto di Hormuz, dove transita grandissima parte del petrolio di tutto il mondo). Ma afferma anche che le sanzioni non avranno grossi effetti. D’altronde il principale importatore di petrolio iraniano del mondo è la Cina, che non intende assolutamente rinunciarvi. Anche la Russia poi non sostiene la decisione europeo-americana.

Sembra tutta una gigantesca partita a scacchi, dove due giocatori si sfidano a colpi di strategie e di giochi di potere. Peccato che è una partita molto pericolosa, visto che uno di questi due giocatori minaccia continuamente di bombardare l’altro. E non è l’Iran.

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