Una testimonianza dalla Siria di Claudio De Grassi per L’Irregolare
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Dopo cinque mesi a Damasco ancora non ho capito niente. Le bombe che hanno fatto sussultare la città il 23 dicembre 2011 e il 6 gennaio 2012 hanno svegliato dal sopore chi credeva che la capitale fosse indenne dalle violenze che ormai insanguinano gran parte della Siria. Ma non si riesce a capire chi abbia ragione.
Ogni giorno a Damasco oceaniche manifestazioni di piazza pro-regime rendono evidente quanto i “supporters” di Al Assad ci credano e siano con lui. Tutti i giorni l’agenzia di stampa Sana riporta dei funerali di “martiri” della polizia, dell’esercito e delle forze di sicurezza che però, i media internazionali, sembrano ignorare. Vengono sempre però date per buone notizie e informazioni non confermabili riportate da una pseudo opposizione così frammentata che è impossibile riesca a trovare una linea di coordinamento comune.
Syrian Free Army, Syrian National Counsil , Syrian National Board……. tutte identità che cercano un proprio spazio attraverso l’appoggio della comunità internazionale che, però, prende tempo.
Le sanzioni introdotte non sembrano per adesso aver prodotto alcun effetto, anche per la loro estrema flebilità. Insomma, sembra che la macchina della diplomazia internazionale abbia mostrato, proprio qui in Siria, la sua componente più caratteristica: l’ipocrisia. Tante chiacchiere, ma poi, di fatto, quasi nessuna azione “seria”.
Nel frattempo, Assad ha iniziato il piano di riforme che, se realizzato nelle tempistiche da lui promesse, sarà da record e da Nobel: in meno di sei mesi sarà inaugurata una nuova Costituzione e sarà promulgata con un referendum popolare, saranno fatte le nuove elezione politiche e, nel 2014, quelle presidenziali. Se si pensa che negli Usa la riforma sanitaria è costata ben 15 anni di lavoro, non si riesce a capire allora perché si metta tanta pressione ad Assad nel suo tentativo di riorganizzare la completezza del suo (dico suo) Stato.
Stato che fino a 3 o 4 anni fa ha avuto un tasso di crescita del 7% su base annua e che vede l’Italia come primo partner commerciale europeo.
Nel frattempo, ogni venerdì ed ormai si vive nel timore che, come in precedenza, avvenga qualche bagno di sangue. Speriamo che il freddo di questi giorni e la pioggia gelata raffreddino anche gli animi.
Tag: Bashar al Assad, primavera araba, ribelli, rivoluzione, Siria, Usa
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