Jonathan Cook, giornalista inglese che vive a Nazareth, ci racconta su Counterpunch (qui l’articolo tradotto) il nuovo modo che l’esercito israeliano usa per combattere il ‘terrorismo’. Si chiama “Spot and shoot“, ovvero “localizza e spara”. In pratica, un militare si mette seduto comodo e sicuro davanti a una consolle con un paio di joystick in mano, prende la mira e spara. Ulteriore particolarità: il nuovo sistema è manovrato solo da donne dell’esercito israeliano.
Premendo il tasto in cima al joystick (come si faceva ai tempi dell’Amiga e del Commodore 64) si aziona un mitragliatrice posta sopra una delle torrette di guardia che si trovano lungo il confine di Gaza. I militari devono identificare chi si avvicina al confine e, se autorizzati da un superiore, sparare. Per uccidere, ovviamente.
Haaretz, che ha avuto l’opportunità di visitare una di queste stanze di controllo, ha riportato la testimonianza di Bar Keren, 20 anni: “E’ molto allettante (alluring) essere una di quelle persone che fa questo. Non tutti però vogliono fare questo lavoro. Non è una cosa semplice prendere un joystick come quello di una playstation e uccidere, ma alla fine è per difesa”.
Questo è quindi quello che fa ‘l’unica democrazia del Medioriente’. Uccide alla playstation. Israele ha la convinzione intrinseca che per sopravvivere basti essere militarmente superiori e che per vincere le guerre (non solo fisiche) basti il proprio armamentario ipertecnologico. Ma la guerra del Libano del 2006 sta ancora lì a testimoniare che non è così. Perchè c’è chi combatte per gioco e chi per davvero. Chi per la propria causa mette in ballo la sua vita, chi invece ci mette un joystick.
“Syntax error”, ripeteva sempre il mio Commodore.
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